I jhana sono stati di assorbimento profondo descritti in numerosi insegnamenti del Buddha, in una progressione di quattro stati, ai quali talvolta il Buddha ne aggiunge ulteriori quattro chiamati arūpa jhāna (jhana senza forma) , corrispondenti allo spazio infinito, alla coscienza infinita, al nulla-è infinito, alla né percezione né non-percezione. In questa risposta ci concentriamo invece sugli rūpa jhāna, i jhana con forma.
Questi jhana sono descritti dal Buddha nel MN 36: Mahâ-Saccaka Sutta – Il discorso maggiore a Saccako,
“Ora, dopo aver mangiato cibo solido e riacquistato le forze, allora del tutto appartato dai piaceri sensuali, appartato dagli stati non salutari, sono entrato e ho dimorato nel primo jhāna, che è accompagnato da pensiero applicato e sostenuto, con estasi e piacere nati dalla solitudine. Ma una sensazione così piacevole che sorse in me non invase la mia mente e rimase.
“Con la cessazione del pensiero applicato e sostenuto, sono entrato e ho dimorato nel secondo jhāna… Con lo svanire anche dell’estasi… sono entrato e ho dimorato nel terzo jhāna… Con l’abbandono del piacere e del dolore… sono entrato e ho dimorato nel quarto jhāna… Ma tale sensazione piacevole che è sorta in me non ha invaso la mia mente e non è rimasta.
Quando la mia mente concentrata fu così purificata, luminosa, immacolata, libera dall’imperfezione, malleabile, maneggevole, stabile e pervenuta all’imperturbabilità, la indirizzai alla conoscenza del ricordo di vite passate […], della scomparsa e della riapparizione degli esseri […] ì, alla distruzione delle impurità [finché] quando ho saputo e ho visto così, la mia mente è stata liberata dalla impurità del desiderio sensuale, dalla impurità dell’essere e dalla impurità dell’ignoranza. Quando fu liberata venne la conoscenza: ‘È liberata.’ Sapevo direttamente: ‘La nascita è distrutta, la vita santa è stata vissuta, ciò che doveva essere fatto è stato fatto, non c’è più arrivando a qualsiasi stato di essere.’
Mahāsaccakasutta—Bhikkhu Bodhi
In questa descrizione del Buddha possiamo capire cosa è presente e cosa è assente in ogni stato di jhana. In particolare vi sono cinque fattori parte dei jhana:
- Applicazione iniziale (vitakka)
- Applicazione sostenuta (vicara)
- Gioia/estasi (piti)
- Felicità/beatitudine (sukha)
- Unicità (ekaggata)
Applicazione iniziale (VITAKKA)
L’applicazione iniziale è definita come l’applicazione della mente al suo oggetto (per esempio il respiro). Il pensiero applicato è descritto come il primo impatto della mente sull’oggetto, la fase iniziale grossolana del pensiero. Il pensiero applicato può essere malsano come nei pensieri di piacere sensuale, cattiva volontà e crudeltà, o salutare come nei pensieri di rinuncia, benevolenza e compassione.
Applicazione sostenuta (VICARA)
L’applicazione sostenuta sembra rappresentare una fase più sviluppata del processo di pensiero rispetto a vitakka. Il pensiero sostenuto è descritto come l’atto di ancorare la mente sull’oggetto, la fase sottile della continua pressione mentale. Ad esempio, l’applicazione iniziale è come suonare una campana, l’applicazione prolungata come il suono.
Il pensiero applicato porta la mente all’oggetto, il pensiero sostenuto la fissa e la fissa lì. Il pensiero applicato concentra la mente sull’oggetto, il pensiero sostenuto esamina e ispeziona ciò su cui si concentra. Il pensiero applicato porta un approfondimento della concentrazione riconducendo ripetutamente la mente allo stesso oggetto, il pensiero sostenuto sostiene la concentrazione raggiunta mantenendo la mente ancorata su quell’oggetto.
Gioia (PITI)
La gioia è definita come la natura dello sviluppo dell’interesse per l’oggetto. La gioia o l’estasi nasce con l’abbandono dei cinque impedimenti. Il rapimento è classificato in cinque categorie: rapimento minore, rapimento momentaneo, rapimento a pioggia, rapimento edificante e rapimento pervasivo.
Felicità (SUKHA)
La felicità è la sensazione di essere felici, una sensazione piacevole e contenta dell’oggetto. Gioia e felicità si uniscono in un rapporto molto stretto, ma sebbene i due siano difficili da distinguere, non sono identici.
La felicità è un sentimento (vedana); la gioia è una formazione mentale (sankhara). La felicità accompagna sempre la gioia, così che quando la gioia è presente la felicità deve essere sempre presente; ma la gioia non sempre accompagna la felicità, perché nel terzo jhana, come vedremo, c’è felicità ma non gioia.
Unificazione (EKAGGATA)
L’unificazione è un’associazione mentale universale, il fattore in virtù del quale la mente è centrata sul suo oggetto. Porta la mente ad un unico punto, il punto occupato dall’oggetto. A differenza dei precedenti quattro fattori jhana, l’unificazione non è specificatamente menzionata nella formula standard per il primo jhana.
L’unificazione è usata nel testo come sinonimo di concentrazione (samadhi) che ha la caratteristica della non distrazione, la funzione di eliminare le distrazioni, il non vacillare come sua manifestazione e la felicità come sua causa prossima.
In quanto fattore jhana, la concentrazione unificata è sempre diretta a un oggetto salutare e allontana le influenze malsane, in particolare l’ostacolo del desiderio sensuale. Poiché gli ostacoli sono assenti nel jhana, la concentrazione acquisisce una forza speciale, basata sul precedente sforzo sostenuto di concentrazione.
In conclusione, ogni fattore jhana funge da supporto per quello che gli succede. L’applicazione iniziale deve dirigere la mente al suo oggetto affinché un’applicazione prolungata la ancori lì. Solo quando la mente è ancorata può svilupparsi l’interesse che culminerà nella gioia. Man mano che la gioia si sviluppa, porta la felicità alla maturità, e questa felicità spirituale, fornendo un’alternativa ai volubili piaceri dei sensi, aiuta la crescita della concentrazione.
Riprendendo uno schema fatto dal Dalai Lama, possiamo così sintetizzare:
JHANA | PRESENTI | ASSENTI |
Primo | 1. Applicazione iniziale 2. Applicazione mantenuta 3. Estati 4. Beatitudine nata dall’isolamento | 1. Piaceri sensuali 2. Stati non virtuosi della mente |
Secondo | 1. Estasi 2. Beatitudine nata dalla concentrazione 3. Concentrazione univoca 4. Tranquillità interiore | 1. Applicazione iniziale 2. Applicazione mantenuta |
Terzo | 1. Equanimità 2. Presenza mentale 3. Consapevolezza introspettiva 4. Beatitudine fisica | 1. Estasi |
Quarto | 1. Sensazione neutra 2. Purezza della presenza mentale 3. Equanimità 4. Mente purificata | 1. Beatitudine fisica e dolore 2. Gioia e pena |
Nell’audio si descrivono in maggiore dettaglio i jhana e la loro rilevanza per la pratica, le pratiche utili per il raggiungimento di questi stati.
REFERENZE
Risposta ad una domanda sui jhana di Sirimedho Stefano De Luca registrata nel gruppo di meditazione dell’Associazione Kalyanamitta il 21 luglio 2023.
Un buon testo sui jhana è quello di Henepola Gunaratana, “Oltre la consapevolezza in parole semplici. Una guida introduttiva agli stati meditativi profondi”, pubblicato da Ubaldini Editore.
Prima delle riflessioni, c’è stata una meditazione dei Quattro Canali della Consapevolezza
Foto di copertina di Sidath Vimukthi
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